martedì 1 settembre 2009

Le preposizioni: introduzione generale

Le preposizioni italiane sono:

  1. di
  2. a
  3. da
  4. in
  5. con
  6. su
  7. per
  8. tra / fra .

Di queste, 6 possono essere articolate; articolare una preposizione significa unire questa preposizione agli articoli determinativi.

Le sei preposizioni che possono essere articolate sono:

  • di
  • a
  • da
  • in
  • con
  • su.

Qui viene proposto un elenco di tutte le preposizioni + articoli.

  • di + il = del
  • di + lo = dello
  • di + la = della
  • di + l’ = dell’
  • di + i = dei
  • di + gli = degli
  • di + le = delle

___________________________________________

  • a + il = al
  • a + lo = allo
  • a + la = alla
  • a + l’ = all’
  • a + i = ai
  • a + gli = agli
  • a + le = alle

___________________________________________

  • da + il = dal
  • da + lo = dallo
  • da + la = dalla
  • da + l’ = dall’
  • da + i = dai
  • da + gli = dagli
  • da + le = dalle

___________________________________________

  • in + il = nel
  • in + lo = nello
  • in + la = nella
  • in + l’ = nell’
  • in + i = nei
  • in + gli = negli
  • in + le = nelle

__________________________________________

  • con + il = col
  • con + lo = collo
  • con + la = colla
  • con + l’ = coll’
  • con + i = coi
  • con + gli = cogli
  • con + le = colle

___________________________________________

  • su + il = sul
  • su + lo = sullo
  • su + la = sulla
  • su + l’ = sull’
  • su + i = sui
  • su + gli = sugli
  • su + le = sulle

La preposizione DI.

La preposizione DI può essere usata nei seguenti dieci casi:

  1. Per indicare il possesso: questo è il quaderno di Stefano.
  2. Per indicare l’autore di un libro, una canzone ecc...: questa canzone è di Laura Pausini.
  3. Per il complemento di specificazione: ieri ho bevuto un bicchiere di vino.
  4. Per il complemento di materia4: il David di Michelangelo è di marmo.
  5. Per indicare una misura: una strada di sette chilometri.
  6. Per indicare l’età di una persona o di una cosa: un uomo di cinquantacinque anni.
  7. Per introdurre un argomento: oggi parliamo di storia.
  8. Per fare un paragone: Luca ha più anni di Stefano.
  9. Per introdurre una causa: tremo di freddo.
  10. Per descrivere il modo in cui faccio una cosa: vado di fretta.

La preposizione A.

La preposizione a si usa nei seguenti dieci casi:

  1. Per il complemento di termine (o indiretto): Ho dato un bacio a Silvia.
  2. Per indicare il prezzo di una cosa: ho comprato una casa a 1˙300,00 € al m².
  3. Per indicare il mezzo: la mia auto è a benzina.
  4. Per indicare quanti anni una persona ha quando fa una determinata cosa: mi sono sposato a trentadue anni.
  5. Per indicare una particolare qualità di una cosa: un quaderno a righe.
  6. Per indicare un sapore o un tipo di ricetta: oggi voglio mangiare gli spaghetti cacio e pepe alla romana.
  7. Per indicare un moto a luogo: sono andato a Lucca.
  8. Per indicare uno stato in luogo: sono stanco, voglio rimanere a casa.
  9. Per indicare un orario preciso: il treno parte a mezzanotte.
  10. Per indicare una distanza: Venezia è a 400 Km da Castelraimondo.

Inoltre, questa preposizione si usa con "vicino a": la mia casa è vicina alla tua.

La preposizione Da

La preposizione da ha i seguenti usi:

  1. Indica lo scopo od il fine di una cosa: ho comprato un paio di scarpe da tennis.
  2. Indica una condizione, un modo di essere: da piccolo sono andato a Parigi.
  3. Indica il prezzo, il valore di un oggetto: ho comprato una macchina da € 20˙000,00.
  4. Indica la causa: ieri ho urlato dalla gioia.
  5. Indica il complemento d’agente o di causa efficiente: la banca è stata rapinata dai ladri.
  6. Moto da luogo: vengo da Matelica.
  7. Moto a luogo: vado dal tabaccaio.
  8. Moto per luogo: per andare a Firenze passo da Perugia.
  9. Indica la provenienza di qualcosa: ho saputo la cosa da Carlo.
  10. Indica il modo, la maniera: Claudio si comporta da bambino.

Inoltre questa preposizione si usa con lontano da: la mia casa è lontana dalla tua.

La preposizione In

Questa preposizione si usa nei seguenti sei casi:

  1. Per indicare il mezzo con cui faccio una cosa: vado a Roma in treno.
  2. Stato in luogo: vivo in Italia.
  3. Per indicare un tempo determinato: arrivo a Roma in settembre.
  4. Per indicare un tempo continuato, uno spazio di tempo: il test finale si fa in due ore.
  5. Per indicare il materiale: una casa in pietra.
  6. Per indicare un fine, uno scopo: eccomi! vengo in tuo aiuto.

La preposizione Con.

Questa preposizione ha il significato generale di addizione, affiancamento, partecipazione; viene utilizzata nei seguenti cinque casi:

  1. Per il complemento di compagnia: sono uscito con i miei amici.
  2. Per indicare il modo in cui faccio una cosa: studio italiano con molta difficoltà.
  3. Per indicare una qualità particolare di qualcosa o di qualcuno: Silvia ha avuto un bambino coi capelli neri.
  4. Per indicare il complemento di unione: mi piace molto bere la birra con il limone.
  5. Per indicare il mezzo con cui faccio una cosa: sono andato a Roma con la macchina.

La preposizione Su.

Questa preposizione ha, principalmente, il significato di stare sopra; oltre a questo si usa anche per dare un senso di approssimazione a quello che dico. Gli usi possono essere divisi in sette tipi:

  1. Per indicare un argomento: ho letto un libro su Giuseppe Garibaldi.
  2. Per indicare un’approssimazione: è un ragazzo sui diciotto anni.
  3. Stato in luogo: il libro è sul tavolo.
  4. Moto a luogo: salgo sull’autobus.
  5. Per indicare un tempo determinato, ma che ha in sé sempre un senso di vaghezza: sono arrivato a Castelraimondo sul far della sera.
  6. Per indicare un modo od una maniera: non ho voglia di scherzare, io faccio sul serio.
  7. Per indicare una percentuale, un rapporto matematico: nove lavoratori su dieci vogliono l’aumento dello stipendio.

La preposizione Per.

Questa preposizione non si articola - l’articolazione appartiene ad un linguaggio non più usato e poetico; ha i seguenti otto usi:

  1. Per indicare un fine, uno scopo: bisogna lavorare per vivere e non vivere per lavorare.
  2. Per indicare il prezzo: ho comprato un paio di pantaloni per € 20,00.
  3. Per indicare un vantaggio od uno svantaggio: io lavoro per i miei figli.
  4. Per indicare il tempo continuato: devo lavorare per tutto il giorno.
  5. Per indicare un tempo determinato: l’appuntamento è per le otto.
  6. Per indicare una colpa od una pena: è in carcere per omicidio.
  7. Per indicare il complemento di moto per luogo: sono andato a Napoli e sono passato per Spoleto.
  8. Per indicare il complemento di moto a luogo: ho preso il treno per Trieste.

Questa preposizione si usa anche nelle seguenti espressioni fisse:

  • per caso
  • per esempio
  • per fortuna
  • per piacere/per favore
  • per telefono.

Le preposizioni Tra/Fra.

Queste due preposizioni hanno lo stesso significato e gli stessi usi, inoltre non possono essere articolate. Il loro significato principale è quello di dire qualcosa che è in mezzo ad altre cose; uno spazio intermedio. Vengono usate con le seguenti cinque funzioni:

  1. Per il complemento partitivo: fra i libri che ho comprato Il Signore degli Anelli è il più costoso.
  2. Per il complemento di moto per luogo: il pallone è passato tra le gambe del portiere.
  3. Per indicare il tempo che ci separa da qualcosa: arriveremo a Castelraimondo tra cinque minuti.
  4. Per il complemento di stato in luogo: la Francia è tra la Spagna e la Germania.
  5. Per indicare la distanza che ci separa da qualcosa: tra cinque chilometri c’è un ristorante.

La forma enfatica nei verbi transitivi ....... e in quelli intransitivi.

Molto spesso, per un madrelingua, la cosa più difficile è riuscire a rendersi conto di ciò che veramente caratterizza la propria lingua: tutto è così naturale che diventa difficile riconoscere determinate peculiarità...tra i tanti esempi che si possono elencare, uno di quelli, forse, più ricco di conseguenze dal punto di vista linguistico è l'uso della forma enfatica nei verbi transitivi.

Molto spesso approccio questo argomento con un esempio, chiedendo agli studenti: -"Secondo voi che differenza c'è quando dico mangio una pizza e mi mangio una pizza?"

Le risposte sono varie e, in parte, dipendono dalla lingua di provenienza degli allievi; alcuni, soprattutto coloro che non hanno questa forma particolare, tendono ad identificarla immediatamente come un errore; altri dicono che non c'è differenza, altri ancora creano letteralmente delle regole ex-novo. Bisogna considerare che questa forma enfatica che indica partecipazione emotiva all'azione ha delle caratteristiche ben strane; la traduzione sarebbe: io mangio me stesso una pizza... COSA ASSAI PARTICOLARE! A mio parere è meglio non cercare di trovare spiegazioni logiche che forse non ci sono, meglio è dare semplicemente l'informazione d'uso e cioè che questa particolare forma è usata nella lingua italiana per indicare che la persona che compie l'azione si sente partecipe emotivamente (sia in positivo che in negativo). Penso, però, che debbano essere sottolineati alcuni aspetti di tipo grammaticale.

Supponiamo di avere questa frase:

1 - Oggi bevo una birra.

2 - Oggi mi bevo una birra.

Se facciamo il passato avremo:

1 - Ieri ho bevuto una birra.

2 - Ieri mi sono bevuto/a una birra.

Normalmente la cosa che risulta più difficile è il far capire, dopo tutto il lavoro fatto per imparare ad usare "avere" come verbo ausiliare nei transitivi, che qui il verbo ausiliare diventa "essere". È d'aiuto ricordare che il verbo "essere" deve essere utilizzato non solo con i verbi riflessivi, ma con tutti i verbi che hanno una forma riflessiva.

Come ho accennato nel titolo, vorrei soffermarmi anche su alcune forme enfatiche utilizzate con i verbi intransitivi ( andare, tornare, restare, rimanere, ecc...); quello che sto per scrivere non l'ho trovato in nessuna grammatica: è frutto della mia riflessione di insegnante.

Se si osservano le forme base e le forme enfatiche di alcuni verbi intransitivi si notano dei tratti comuni molto interessanti:

andare → andarsene

restare → restarsene

tornare → tornarsene

rimanere → rimanersene

Possiamo notare che la costruzione è uguale a quella dei verbi transitivi (come bere) con la semplice aggiunta della particella ne; nella frase avremo:

Oggi non ho voglia di uscire: resto a casa → Ieri non avevo voglia di uscire: sono rimasto a casa. (Forma non enfatica)

Oggi non ho voglia di uscire: me ne resto a casa! → Ieri non avevo voglia di uscire: me ne sono restato/a a casa. (Forma enfatica)

Il cambiamento da "-i" ad "-e" del pronome riflessivo segue la normale regola dei pronomi doppi.

Ritengo, per esperienza, che il concetto stesso di "forma enfatica" possa aiutare a risolvere molti problemi legati ai cosiddetti verbi pronominali: in realtà molti di essi non sono altro che forme enfatiche di un verbo di base.


Ancora il passato prossimo: i verbi servili (dovere, potere, volere)

Buongiorno a tutti, buongiorno a tutte,

torniamo a parlare della formazione del passato prossimo e, in particolare, del passato prossimo con i verbi servili: dovere, potere, volere. Abbiamo deciso di parlarne perché l'argomento ci offre un'ottima opportunità di riflessione sull'evoluzione della lingua e sull'imbarazzo in cui può venirsi a trovare un insegnante al momento della spiegazione.

Partiamo, però, dall'inizio, dalla grammatica. Normalmente, la formazione del passato prossimo con questi verbi viene fatta seguendo queste regole canoniche:

  1. se il verbo è da solo si usa l'ausiliare avere;
  2. se il verbo servile accompagna un altro verbo, l'ausiliare da usare è quello richiesto dal secondo verbo.

Facciamo ora degli esempi per chiarire:

Caso 1:

  • Perché non sei venuto alla festa, ieri?
  • Mi dispiace, ma proprio non ho potuto.
  • Sara mi ha detto che non è uscita con te.
  • Sì, ma perché non ha voluto, non perché non ha potuto.

Caso 2:

  • Perché non sei venuto alla festa, ieri?
  • Mi dispiace, ma proprio non sono potuto venire.
  • Claudio mi ha detto che ha dei problemi.
  • Sì, è vero. Quando ho chiesto che tipo di problemi, però, lui non ne ha voluto parlare.

Questo secondo le regole classiche; tuttavia, oggi, è cosuetudine quella di utilizzare sempre e comunque il verbo avere.

I risultati di questa scelta si possono ammirare in frasi quali:

"mi dispiace, ma non ho potuto venire alla festa"

"Ieri ho potuto uscire di casa solo dopo aver pulito"

si noti che questo modo di fare non è proprio solo del linguaggio parlato, ma è diffuso anche in testi scritti quali romanzi e via dicendo.

Ci si deve chiedere ora se l'insegnante debba prediligere un approccio che metta in primo piano le regole o, al contrario, uno che metta in evidenza la vitalità della lingua e, di conseguenza, il fatto che questa sia in continuo cambiamento.

Personalmente, anche partendo dall'idea che un insegnante debba sempre tendere alla chiarezza, ritengo che sia necessario optare per un approccio misto: da una parte sottolineare come le regole ed il gusto (l'abitudine all'ascolto) siano orientati verso la prima e più classica opzione; dall'altra come il continuo cambiamento, la continua evoluzione, della lingua italiana stia portando ad una semplificazione della regola. Visto che molti studenti di LS dovranno sostenere degli esami universitari o di certificazione, non credo sia sbagliato orientarli verso l'uso della forma più classica e che, da un punto di vista pratico, garantisce minori possibilità di contestazione.

Il Passato Prossimo, una sfida per l'insegnante

L'insegnamento del passato prossimo è uno dei momenti cruciali nel percorso di apprendimento della lingua italiana, questo per due motivi fondamentali: le difficoltà proprie dell'argomento (scelta del verbo ausiliare, concordanza di genere e numero, participi passati regolari ed irregolari) ed il basso livello di competenza linguistica degli studenti: normalmente, infatti, questo difficile argomento viene affrontato nei livelli A1. In queste poche righe non è certo mia intenzione dare ricette miracolose o istruzioni rivoluzionarie, desidero soltanto condividere alcune riflessioni ed alcune strategie elaborate nei miei anni di insegnamento.

Prima di iniziare, una piccola premessa: il pericolo più grande per un insegnante, quando si trovi ad affrontare un argomento "difficile" è sé stesso. Mi riferisco, in particolare, alla tentazione di voler dimostrare la propria bravura: questo atteggiamento (oltre a denotare una certa insicurezza di fondo) può portare molte volte a strafare ed a un'inutile esibizione di erudizione enciclopedica, con sfoggio di metalingua e via di seguito. A mio parere non bisogna mai perdere di vista l'obiettivo primo di un insegnante: trasmettere conoscenza, non dimostrare di "avere" conoscenza.

Detto questo, il mio approccio si basa su una schematizzazione del processo di costruzione della forma. Non starò qui a dilungarmi su come si possa introdurre l'argomento, motivare lo studente ecc.. passo, immediatamente, alla parte della spiegazione.

Normalmente divido la lezione in due parti, perché due sono i problemi con cui gli studenti hanno a che fare. Supponendo di avere i seguenti esempi:

  1. Laura è andata al mare.
  2. Cristiano è andato a Roma.
  3. Maria e Giacomo sono usciti in macchina.
  4. Carlo ha mangiato gli spagnetti.
  5. Michele, Laura e Giuli hanno cantato tutta la notte.

La prima cosa che faccio notare agli studenti è che ci sono due parole per dire il passato, mentre per il presente ne usiamo solo una: non parlo di verbi, ma di parole: seguono una serie di esempi, al presente ed al passato, in cui gli studenti debbono individuare le due parole che indicano che l'azione è passata. Una volta chiarito questo punto - che può sembrare banale, ma è importantissimo - passo ad identificare i due problemi che bisognerà affrontare: come fare a "identificare" le due parole il participio e l'ausiliare. Si parte, come sempre, dalla cosa più facile: il participio passato. Naturalmente, questa prima parte, serve anche a togliere le "ancestrali" paure che il nome stesso di passato prossimo porta con sé nella mente degli studenti: tutto deve sembrare a portata di mano. Ne consegue che si proseguirà con l'affrontare la semplice regola dei participi passati regolari.

  • andare- ato
  • credere → - uto
  • finire → - ito

A questo si fanno seguire una serie di esercitazioni puramente orali: lo scopo non è quello di testare gli studenti (non si interroga!), ma di fargli aquisire sicurezza e dare tranquillità.

Fatto questo ulteriore passo si affronta il problema della scelta degli ausiliari: naturalmente non è argomento semplice, ma lo studente non dovrebbe percepirne la difficoltà dalle parole del docente.

Per prima cosa sarebbe bene far notare che, mentre la seconda parola del passato (al secolo: il participio passato), cambia al cambiare del verbo, la prima (al secolo: il verbo ausiliare) ha solo due possibilità: l'amletico "essere o non essere". Per quel che mi riguarda, dopo aver iniziato ad insegnare sfoggiando i soliti elenchi da libro di grammatica, mi sono ridotto a dare 5 semplici regole di sopravvivenza (le chiamo così): sono indicazioni che possono alleviare di molto la fatica dello studente il cui obiettivo - non dovrebbe mai essere dimenticato - NON è quello di imparare la grammatica italiana, ma quello di comunicare correttamente in italiano. Le "regole di soravvivenza" sono le seguenti:

  1. il verbo avere vuole avere
  2. il verbo essere vuole essere
  3. il verbo piacere vuole essere
  4. i verbi con forma riflessiva vogliono essere
  5. i verbi transitivi vogliono avere

Naturalmente, ogni singola affermazione (OGNI SINGOLA AFFERMAZIONE) è seguita da una serie di esempi; particolarmente importante giudico il soffermarsi sull'affermazione 3, soprattutto per i provenienti da quelle lingue - portoghese o inglese ad esempio - che possono trovare difficoltà nell'uso del verbo "piacere". Ho detto sopra che bisogna semplificare, però semplificare non significa falsificare: per questa ragione è bene precisare che, per il punto 4 esiste un'eccezione e, sempre per lo stesso punto, mettere ben in evidenza che non si sta parlando di verbi riflessivi, ma di verbi che hanno una forma riflessiva - un'apparenza, direi. Queste due precisazioni possono evitare problemi futuri.

Veniamo ora alla spiegazione del punto 5. In questo caso, a mio parere, risulta pressoché impossibile non usare la parola "transitivi": si tratta ora di spiegarla. Rifuggendo dalla classica filastrocca grammaticale, si può semplicemete dire che è transitivo un verbo che può rispondere alle domande: Chi? Che?. Naturalmente si fanno seguire una lunga serie di esempi.

Giunti a questo punto occorre, prima di chiudere, soffermarsi a dire che se il 100% dei verbi transitivi vogliono l'ausiliare avere, non il 100% degli intransitivi vogliono essere (normalmente scrivo alla lavagna un piccolo elenco di verbi intransitivi che esigono il verbo avere come ausiliare).

Questo "approccio" al Passato Prossimo garantisce - posso affermarlo con una certa sicurezza - un altro grado di riuscita negli studenti; naturalmente non è completo di tutte le regole ed eccezioni, ma, per mia esperienza diretta, posso dire che costituisce un'ottima base di partenza (come tale deve essere presentata), in grado di dare gli elementi minimi di orientamento.

Buongiorno e bentrovati su questa nuova vetrina!

Carissimi, carissime,

vi do il benvenuto su questa nuova "piazza virtuale", dove - spero - potremo incontrarci e condividere le nostre opinioni.