martedì 1 settembre 2009

Il Passato Prossimo, una sfida per l'insegnante

L'insegnamento del passato prossimo è uno dei momenti cruciali nel percorso di apprendimento della lingua italiana, questo per due motivi fondamentali: le difficoltà proprie dell'argomento (scelta del verbo ausiliare, concordanza di genere e numero, participi passati regolari ed irregolari) ed il basso livello di competenza linguistica degli studenti: normalmente, infatti, questo difficile argomento viene affrontato nei livelli A1. In queste poche righe non è certo mia intenzione dare ricette miracolose o istruzioni rivoluzionarie, desidero soltanto condividere alcune riflessioni ed alcune strategie elaborate nei miei anni di insegnamento.

Prima di iniziare, una piccola premessa: il pericolo più grande per un insegnante, quando si trovi ad affrontare un argomento "difficile" è sé stesso. Mi riferisco, in particolare, alla tentazione di voler dimostrare la propria bravura: questo atteggiamento (oltre a denotare una certa insicurezza di fondo) può portare molte volte a strafare ed a un'inutile esibizione di erudizione enciclopedica, con sfoggio di metalingua e via di seguito. A mio parere non bisogna mai perdere di vista l'obiettivo primo di un insegnante: trasmettere conoscenza, non dimostrare di "avere" conoscenza.

Detto questo, il mio approccio si basa su una schematizzazione del processo di costruzione della forma. Non starò qui a dilungarmi su come si possa introdurre l'argomento, motivare lo studente ecc.. passo, immediatamente, alla parte della spiegazione.

Normalmente divido la lezione in due parti, perché due sono i problemi con cui gli studenti hanno a che fare. Supponendo di avere i seguenti esempi:

  1. Laura è andata al mare.
  2. Cristiano è andato a Roma.
  3. Maria e Giacomo sono usciti in macchina.
  4. Carlo ha mangiato gli spagnetti.
  5. Michele, Laura e Giuli hanno cantato tutta la notte.

La prima cosa che faccio notare agli studenti è che ci sono due parole per dire il passato, mentre per il presente ne usiamo solo una: non parlo di verbi, ma di parole: seguono una serie di esempi, al presente ed al passato, in cui gli studenti debbono individuare le due parole che indicano che l'azione è passata. Una volta chiarito questo punto - che può sembrare banale, ma è importantissimo - passo ad identificare i due problemi che bisognerà affrontare: come fare a "identificare" le due parole il participio e l'ausiliare. Si parte, come sempre, dalla cosa più facile: il participio passato. Naturalmente, questa prima parte, serve anche a togliere le "ancestrali" paure che il nome stesso di passato prossimo porta con sé nella mente degli studenti: tutto deve sembrare a portata di mano. Ne consegue che si proseguirà con l'affrontare la semplice regola dei participi passati regolari.

  • andare- ato
  • credere → - uto
  • finire → - ito

A questo si fanno seguire una serie di esercitazioni puramente orali: lo scopo non è quello di testare gli studenti (non si interroga!), ma di fargli aquisire sicurezza e dare tranquillità.

Fatto questo ulteriore passo si affronta il problema della scelta degli ausiliari: naturalmente non è argomento semplice, ma lo studente non dovrebbe percepirne la difficoltà dalle parole del docente.

Per prima cosa sarebbe bene far notare che, mentre la seconda parola del passato (al secolo: il participio passato), cambia al cambiare del verbo, la prima (al secolo: il verbo ausiliare) ha solo due possibilità: l'amletico "essere o non essere". Per quel che mi riguarda, dopo aver iniziato ad insegnare sfoggiando i soliti elenchi da libro di grammatica, mi sono ridotto a dare 5 semplici regole di sopravvivenza (le chiamo così): sono indicazioni che possono alleviare di molto la fatica dello studente il cui obiettivo - non dovrebbe mai essere dimenticato - NON è quello di imparare la grammatica italiana, ma quello di comunicare correttamente in italiano. Le "regole di soravvivenza" sono le seguenti:

  1. il verbo avere vuole avere
  2. il verbo essere vuole essere
  3. il verbo piacere vuole essere
  4. i verbi con forma riflessiva vogliono essere
  5. i verbi transitivi vogliono avere

Naturalmente, ogni singola affermazione (OGNI SINGOLA AFFERMAZIONE) è seguita da una serie di esempi; particolarmente importante giudico il soffermarsi sull'affermazione 3, soprattutto per i provenienti da quelle lingue - portoghese o inglese ad esempio - che possono trovare difficoltà nell'uso del verbo "piacere". Ho detto sopra che bisogna semplificare, però semplificare non significa falsificare: per questa ragione è bene precisare che, per il punto 4 esiste un'eccezione e, sempre per lo stesso punto, mettere ben in evidenza che non si sta parlando di verbi riflessivi, ma di verbi che hanno una forma riflessiva - un'apparenza, direi. Queste due precisazioni possono evitare problemi futuri.

Veniamo ora alla spiegazione del punto 5. In questo caso, a mio parere, risulta pressoché impossibile non usare la parola "transitivi": si tratta ora di spiegarla. Rifuggendo dalla classica filastrocca grammaticale, si può semplicemete dire che è transitivo un verbo che può rispondere alle domande: Chi? Che?. Naturalmente si fanno seguire una lunga serie di esempi.

Giunti a questo punto occorre, prima di chiudere, soffermarsi a dire che se il 100% dei verbi transitivi vogliono l'ausiliare avere, non il 100% degli intransitivi vogliono essere (normalmente scrivo alla lavagna un piccolo elenco di verbi intransitivi che esigono il verbo avere come ausiliare).

Questo "approccio" al Passato Prossimo garantisce - posso affermarlo con una certa sicurezza - un altro grado di riuscita negli studenti; naturalmente non è completo di tutte le regole ed eccezioni, ma, per mia esperienza diretta, posso dire che costituisce un'ottima base di partenza (come tale deve essere presentata), in grado di dare gli elementi minimi di orientamento.

2 commenti:

  1. Davvero bella questa nuova veste del blog: in bocca al lupo e buon lavoro!

    Silvia Vagni

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  2. Grazie! È vero che l'abito non fa il monaco, però aiuta...

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